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Educazione sessuo-affettiva tra i banchi: dall’informazione online al Digital Act

In copertina: Corpi in rivolta, Materia Prima Fanzine, artwork a cura di Marzia Pulghè e Marcella Mugheddu

Guardo ancora fuori dal finestrino. 

Il treno è in ritardo di un’ora: partiamo alle 7 e non alle 6. 

Arriverò in ritardo anche io, all’evento di oggi - come il ciclo che sto aspettando.

Roma in giornata, avanti e indietro. 

È il Safer Internet Day, il secondo martedì di febbraio. 

L’evento è organizzato da Generazioni Connesse, che collabora con il ministero dell'Istruzione e del merito, con il partenariato dell'Autorità garante per l’infanzia e l’Adolescenza, dell’Agenzia nazionale cybersicurezza, la Presidenza del consiglio - Dipartimento per la famiglia, Garante per la protezione dei dati personali, la polizia di stato, gli atenei di Firenze e ‘La Sapienza’ di Roma, Save the Children Italia, Telefono Azzurro, la cooperativa EDI onlus, Skuola net e  l’Ente autonomo Giffoni experience.

L’obiettivo è dare vita a uno spazio sicuro e accessibile a tuttɜ - il Safer Internet Centre (SIC) - e, anche, a un mese di consapevolezza rispetto al digitale, alla sicurezza in rete e ai suoi rischi: il MESIC 2025.

Ci stiamo avvicinando a una regolamentazione: il Digital Services Act.

Lo scopo è muoversi all’interno di una normativa che ci guidi attraverso la rete delle piattaforme online.

"Nel novembre 2022 è entrato in vigore il Regolamento Europeo 2022/2065 noto come Digital Services Act – che contiene una serie di norme e regolamenti per i fornitori di piattaforme online volti a creare uno spazio digitale più sicuro per tutti gli utenti ove i diritti fondamentali vengano rispettati e tutelati e con alcune regole pensate appositamente per proteggere i minori online" (da Generazioni Connesse - Digital Services Act).

Aumentare la trasparenza, la sicurezza e il rispetto dei diritti degli utenti: questo viene chiesto alle piattaforme.

Sono state individuate le piattaforme più grandi, con oltre 45 milioni di utenti, che devono seguire regole stringenti, dall’essere pienamente responsabili dei contenuti illegali caricati sulle loro piattaforme.

Nel frattempo, Save The Children insieme al Movimento Giovani per Save The Children - dove il mio percorso da attivista ha trovato casa - ha lanciato la campagna sessuo-affettiva "Facciamolo in classe", per l’introduzione di percorsi obbligatori di educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole.

“Ma a che punto siamo?” si chiedono i ricercatori di Save The Children che, in collaborazione con IPSOS, hanno realizzato "una ricerca quantitativa, su un campione di 800 adolescenti tra i 14 e i 18 anni e un campione di 400 genitori di almeno unə figliə dai 14 ai 18 anni residenti sul territorio nazionale". 

Approfondendo con un’ulteriore indagine, di cui hanno presentato "i risultati di un approfondimento qualitativo che include interviste a esperti del mondo educativo, assistenziale e sanitario e focus group con adolescenti e giovani adulti" e "le riflessioni conclusive e le raccomandazioni per il miglioramento di politiche e prassi in Italia".

(da L'educazione affettiva e sessuale in adolescenza: a che punto siamo? | Save the Children)

"Dalla nostra ricerca L’educazione affettiva e sessuale in adolescenza: a che punto siamo?, emerge che oggi solo il 47% degli adolescenti, ovvero meno di una/o su due, ha ricevuto un’educazione sessuale a scuola, una percentuale che scende al 37% al Sud e nelle Isole". (Da Facciamolo in classe: parliamo di educazione sessuo-affettiva | Save the Children)

Ma se manca un’Educazione Sessuale a scuola, dove si informano lɜ adolescenti?

Se non sono previste lezioni sui banchi, sempre dalla stessa ricerca emerge che la maggior parte cerca ciò di cui ha bisogno online, quando lo fa in autonomia. Ma dove, esattamente?

Il 47% su siti web e articoli online per approfondire le pratiche sessuali e il 57% per essere consapevole dei rischi legati alle infezioni sessualmente trasmissibili. 

Il 22% per avere accesso a libri o manuali scientifici per le infezioni sessualmente trasmissibili e, il 29% per cento, per visionare video pornografici per capire come funzionano le pratiche sessuali.

 (Da Gli adolescenti italiani e la sessualità: l'indagine di Save the Children e Ipsos)

Dove possiamo trovare un’alternativa alla pornografia solo come strumento di piacere e non di obiettivo peformativo?

Sono stata adolescente anche io, non so proprio dirvi se non lo sono più, ma posso dire che avrei voluto capirci qualcosa in più. 

Adesso ho 27 anni, ma ricordo solo una lezione di educazione sessuale a scuola in cui si parla di aborto e di quanto questo fosse sbagliato. Ovviamente, indovinabile in quale ora: quella di religione. La vita è sacra, intoccabile, ma la nostra salute a quanto pare no. Sarà successo anche a voi, magari in lezioni differenti, o potrebbe non essere accaduto mai.

L’altro momento in cui ho parlato di sessualità è stato durante una formazione di Intercultura, prima di partire per un anno all’estero: in quel caso, davvero, è un problema se una di noi rimane incinta. Tra le regole d’oro il non rimanere incinta è in cima alla classifica.

Mi hanno insegnato a mettere un preservativo a una banana. Meglio che niente, penso. 

Poi, però, quando mi sono trovata dall’altra parte - come volontaria e formatrice per lɜ ragazzɜ in partenza - abbiamo organizzato una cosa utile e divertente: le persone adolescenti in formazione hanno scritto delle domande legate alla sessualità su dei bigliettini. Noi volontarie, insieme al SISM, Segretariato italiano degli studenti di medicina, abbiamo risposto, confrontandoci in modo aperto e parlandone ad alta voce. Questo tipo di esperienza è più facile che sia avvenuta anche a qualcuna di voi. Ma si tratta, sempre, di un luogo extra-scolastico. 

Al di fuori cosa esiste?

Il consenso l’ho imparato dopo, nei collettivi femministi, tra le sorelle di Non Una di Meno. Tra i confini da disegnare sul perimetro del mio corpo, tra i preservativi e la comunicazione attiva e l’ascolto. Ora, al mio ragazzo dico cosa mi piace, cosa non mi piace, cosa mi provoca dolore e cosa non voglio, cosa invece desidero. E lui fa lo stesso.

Se qualcuno me l’avesse insegnato, non sarei passata dalla sofferenza, dal sentirmi sbagliata perché mi faceva male, perché non raggiungevo l’orgasmo o per altri mille motivi che non c’è bisogno che elenchi: almeno due li avrete provati anche voi.

Una costante nei primi anni del sesso è stato il senso di colpa. Mi sento sporca la mattina dopo, non sono stata abbastanza attenta e poi, per ultimo: non ho raggiunto le aspettative dei porno. 

Questo non l’ho mai pensato, in realtà, perché il primo video-porno l’ho visto dopo aver iniziato a fare sesso, e poi l’amore.

Oggi, come sottolineato, il 29% degli adolescenti vede nella pornografia una fonte di informazioni sul sesso facilmente accessibile, aggiungendo che il 26% la utilizza per capire più a fondo la sessualità e il 24% ritiene che rappresenti in modo realistico l’atto sessuale.

Per oltre il 22% di loro, è usuale condividere contenuti intimi tramite smartphone, e per il 17% è normale “autoprodurre materiale pornografico mi aiuta a soddisfare alcune necessità economiche”.

Dove sta, allora, il piacere fine a se stesso?

“Il 43% crede che il sesso sia sempre piacevole per entrambɜ lɜ partner, mentre il 38% pensa che le ragazze sappiano quasi sempre come raggiungere l'orgasmo, rivelando come quello del piacere femminile sia ancora un tema di cui si parla poco nella coppia. Solo il 12% considera il sesso online equivalente al sesso dal vivo.”

Molti amici e amiche, però, mi hanno riferito proprio questo: non sono riuscita a performare come in quel video. Non sono abbastanza. Non sono stata abbastanza brava. 

Ma davvero: il sesso è quello dei porno?

Sul serio la nostra educazione sessuale deve passare da YouPorn?

“Pensandoci, è vero: la mia educazione sessuo-affettiva è passata dai video che guardavamo con i miei amichetti alle medie”, mi confida M. mentre ci prendiamo un caffè. È un amico, gli ho raccontato dell’articolo che stavo scrivendo. Gli ho detto: “Devo parlare di queste cose.”

Dobbiamo parlare di queste cose.

Parliamone tra amicɜ, ma anche con figure adulte di riferimento, genitori, professorɜ ed educatorɜ. 

Nelle scuole, nelle piazze, nei consultori, nelle redazioni e negli uffici.

Nei centri sociali, nelle circoscrizioni, nelle università, negli oratori.

Quali strumenti possiamo offrire a ragazzɜ, sia come giovani adultɜ sia tra pari?

Come possiamo entrare nelle scuole, sederci tra i banchi con lɜ adolescenti?

 

Vuoi approfondire? Ecco qualche link utile

Scopri la nostra campagna "Facciamolo in classe"

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