Diario di bordo

La partecipazione giovanile alla COP29: tra dubbi e perplessità

Abbiamo partecipato alla COP, la più grande conferenza mondiale sul clima, tenutasi a Baku dall'11 al 22 novembre. Rebecca Bottaini della nostra redazione ha intervistato giovani attivistɜ da vari Paesi del mondo e ha raccolto la loro voce in questo articolo.

 

di Rebecca Bottaini

La participation des jeunes est évidemment très importante, car nous sommes la génération future. Notre inclusion est donc essentielle pour apporter réellement notre aide et témoigner de ce que nous vivons concrètement dans nos pays et dans notre réalité.

Iris, Association mondiale des Guides y éclaireuses du Bénin

Lɜ giovani che abbiamo incontrato alla COP sono accomunatɜ da un grosso desiderio di cambiamento, non parlano più sottovoce ma urlano, non domandano più ma esigono. Dichiarano di vitale importanza l'inclusione giovanile nel panorama internazionale perché è e sarà la nostra generazione che dovrà confrontarsi direttamente con la crisi climatica. Rappresentiamo il presente ma anche il futuro, siamo noi che ci confronteremo con le conseguenze delle decisioni prese oggi daɜ attualɜ leader. Ci stiamo battendo non solo per noi stessɜ, ma per garantire un futuro alle generazioni che verranno. Allora perché non includerci già da ora, perchè non dare concretezza alle nostre voci? 

Durante la COP29, la Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite, abbiamo incontrato giovani da tutto il mondo, pienɜ di determinazione e idee. Condividevamo lo stesso obiettivo: costruire un futuro più sostenibile. Questo significa abbandonare gradualmente le fonti fossili, eliminare la logica capitalistica che antepone il profitto alla salute del pianeta, e concentrarsi sul trovare una soluzione più equa e inclusiva possibile. Come hanno sottolineato moltɜ attivistɜ che abbiamo intervistato, non si tratta solo di una sfida ambientale, ma di giustizia sociale. Può sembrare una frase scontata, ma senza un pianeta vivibile non ci sarà né un’economia né una società. Eppure, è proprio l'economia, con la sua logica del profitto tanto cara chi prende le decisioni, a essere spesso anteposta al destino del nostro pianeta.

Questo senso di urgenza, così vibrante e palpabile tra noi giovani, strideva con la lentezza e l'inerzia percepita nei discorsi di alcunɜ leader del mondo. Pur evitando di generalizzare, l’immobilismo di certi Paesi, soprattutto tra i più ricchi, era evidente. Le loro promesse suonavano vuote, distanti dalle difficoltà reali che milioni di persone stanno affrontando quotidianamente. In un mondo in cui la crisi climatica è già realtà, le parole non bastano più. Le popolazioni più vulnerabili, coloro che subiscono le conseguenze più devastanti del cambiamento climatico pur essendone tra i minimi responsabili, non possono più aspettare.

COP was started in 1995, right? What I wonder is when COP will stop. Today we are in COP29 and if we do not take too much action, then I'm sure that even COP100 won't be enough.

Siama, Save the Children delegation, South Sudan

Continuando a parlare con lɜ giovani che abbiamo incontrato, è emerso un sentimento sempre più forte condiviso all'unanimità: la frustrazione.

Ormai è dal 1995 che la COP si riunisce, ma i cambiamenti ottenuti e gli obiettivi raggiunti sono stati minimi o non abbastanza significativi ed è chiaro che se si continua a non prendere delle decisioni drastiche ma doverose nei confronti del nostro pianeta, nemmeno altre cento conferenze basteranno per salvare l'insalvabile.

Questa frustrazione si estende inoltre allo spazio dedicato a noi giovani. Il "Children & Youth” pavilion introdotto solo tre anni fa alla COP27, quest'anno si presentava ridotto e poco significativo rispetto ad altri padiglioni. È stato grazie alle persone che lo hanno animato che è riuscito a diventare un luogo inclusivo, sicuro e ispirante, ma comunque molto lontano dall'importanza che avrebbe dovuto avere in quel contesto.

Se l'area dedicata ai “Children & Youth” rappresentava la nostra generazione e i temi che essa porta con sé, appena fuori dal padiglione la nostra presenza, numericamente ridotta rispetto agli altri partecipanti, diventava più marginale. Mi spiego meglio.

Da un lato, si esprime continuamente l'importanza di includere lɜ giovani ed effettivamente esistono realtà che permettono di lavorare a stretto contatto con istituzioni e decision-makers: possiamo parlare di meccanismi come “YOUNGO”, la costituente di bambinɜ e giovani all'interno dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il clima; oppure il programma “UN Youth Delegates”, giovani delegatɜ di Stati membri che dialogano con le istituzioni partecipando ad incontri intergovernativi.

Dall’altro lato, però, ci chiediamo quanto realmente queste voci, integrate nei processi e forse ascoltate, abbiano un peso effettivo nelle disposizioni finali.

La retorica dell’inclusione spesso si scontra con una realtà fatta di tokenismo e limitazioni, dove lɜ giovani vengono sì ascoltatɜ, ma raramente messɜ nella posizione di influire sulle decisioni.

Farci strada è faticoso, ma essere presenti alla COP rappresenta già un passo avanti significativo. È un'opportunità che ci permette di insistere, di fare pressione sugli organi direttivi e di garantire che la nostra voce venga se non altro ascoltata.

Ancora oggi, le parole “children”, “youth”, “inclusion” non hanno davvero un peso nella discussione e nell'azione climatica o, per lo meno, non hanno ancora il peso da noi ambito. Si arriverà ad un punto di rottura in cui noi davvero avremo voce in capitolo, ma esattamente quale? E quando?

Stefano Cisternino, Joint Research Centre European Commission, Italia-Spagna

Dopo aver partecipato a questa COP e dopo aver ascoltato le idee di tantɜ giovani, rimaniamo con molti dubbi e perplessità, domandandoci quando ci sarà quella “scossa decisiva" che cambierà le carte in tavola: avverrà col ricambio generazionale? Probabilmente sarà troppo tardi. Avverrà con l'aiuto di tutte queste annuali conferenze sul clima? Oppure attraverso l’uso della parola che è uno degli strumenti più incisivi che abbiamo per farci spazio tra tutte queste complessità?

La parola è il mezzo più potente di tutti, è il motore da cui nascono molte delle nostre iniziative: sensibilizzare le comunità, organizzare campagne di informazione, promuovere petizioni, collaborare con realtà locali e internazionali e scendere in piazza a manifestare. Tantɜ giovani attivistɜ per il clima, sia quelli presenti alla COP che coloro che, pur non essendo lì, continuano a lottare e a manifestare, riescono ad attenuare il nostro senso di frustrazione di cui parlavamo prima. L'attivismo rimane infatti una delle forme più concrete attraverso cui le persone dimostrano interesse attivo verso questi temi e comunicano la loro voglia di cambiamento.

“Doing something for us without us is not fair so I think our voices must be raised and must be heard for once”.

Alimatu, Save the Children delegation, Sierra Leone

Le aspettative sono alte e i desideri delle persone che abbiamo incontrato sono pieni di speranza e sottolineano ancora una volta una grande volontà di partecipazione: giovani competenti, attivistɜ grintosɜ, bambinɜ fortemente ispiratɜ e ispiranti. 

Bisogna includerci nei tavoli decisionali e creare spazi effettivi dove le nostre idee possano trasformarsi in azioni concrete. Come? Approvando le nostre proposte, ascoltandoci e mettendosi nei panni dei bambini e dei giovani che stanno vivendo in primis la lotta al cambiamento climatico e che si stanno battendo per contrastarla.

Noi le risposte le abbiamo ma sta ai vertici accoglierle e ascoltarci, ora più che mai.