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TUTTA UN’ALTRA STORIA: UN FINALE DA RISCRIVERE ALLA COP30 DI BELÉM

Dieci anni fa il mondo provava a scrivere una nuova storia: si firmava l’Accordo di Parigi, una promessa, l’impegno di 196 Paesi di lavorare insieme per limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, e idealmente a 1.5°, rispetto ai livelli pre-industriali. 

Dieci anni dopo, a novembre 2025, abbiamo preso un volo per Belém, città del Brasile all’ingresso dell’Amazzonia, dove si è tenuta la COP30, la più importante conferenza internazionale sul clima. 

Quando raccontiamo della COP (questa per noi è stata la quarta!) nei nostri territori notiamo come spesso venga percepita come un evento distante e astratto. Il caldo estremo nelle aule scolastiche, le alluvioni nei nostri quartieri, l’acqua che manca per diverse ore del giorno, gli incendi nei boschi, il cambiamento del Mediterraneo e delle specie che lo abitano: sembra tutto così lontano dalle sale in cui si decide il futuro del Pianeta.

Per questo, prima di partire, abbiamo voluto raccogliere storie della nostra generazione dall’Italia e poi anche dal resto del mondo: storie che ci aiutassero a sentirci parte di una generazione che ovunque, in modi e con strumenti diversi, si trova ad aver a che fare con gli effetti dei cambiamenti climatici. Una generazione che non ha contribuito al riscaldamento globale ma che ne paga le conseguenze. E che ora, però, vuole riscrivere il finale di questa storia. 

Abbiamo raccolto storie dal Perù, dal Madagascar, dalla Bolivia, dal deserto del Sahara, dall’isola Samoa, dalle coste mediterranee dell’Italia fino alle montagne del Trentino. Questi racconti parlano degli effetti tangibili e reali del clima che cambia ma soprattutto di come bambinɜ e ragazzɜ non siano il futuro ma il presente della lotta comune al cambiamento climatico.

È questo che abbiamo portato a Belèm, in una COP che doveva essere, e in un certo senso lo è stata a prescindere dai suoi risultati finali, una COP del popolo. Una COP la cui parola d'ordine è “mutirão”, un termine di derivazione tupi-guarani che significa "sforzi collettivi" e si riferisce a una mobilitazione comunitaria per raggiungere un obiettivo comune

L'attivismo al centro

Le contraddizioni di ogni COP, anche di questa, rimangono: la presenza di oltre migliaia di lobbisti dell’industria dei combustibili fossili (per assurdo quest'anno la più massiccia di sempre), le disuguaglianze nell'accesso alla COP a livello economico, logistico e di rappresentanza, la repressione delle proteste, l'impatto ambientale delle strutture costruire per ospitare questo evento. Nonostante ciò ma anche per questo, durante la COP di Belém l'attivismo dal basso è tornato con tutta la sua forza e speranza con iniziative dal basso come la Cúpula dos Povos che ha riunito movimenti sociali, popoli indigeni, comunità afrodiscendenti, comunità fluviali e di pescatori, contadini e collettivi di tutto il mondo. O la Yaku Mama Flotilla Amazonica: dal fiume Napo, in Ecuador, decine di leader indigene hanno intrapreso un viaggio fluviale di 3.000 chilometri verso la COP30 a Belém, in Brasile. La carovana unisce comunità di Ecuador, Perù, Colombia e Brasile per chiedere la fine dell’espansione dei combustibili fossili nell’Amazzonia e per garantire la leadership indigena nelle decisioni globali sul clima. Ma anche la cosiddetta Mutirao das Juventudes, lo sforzo collettivo di giovani da tutto il mondo per chiedere non solo che la voce di bambinɜ e ragazzɜ sia ascoltata ma che i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza siano parte integrante dei piani climatici nazionali.

Il ruolo di bambinɜ e giovani

Save the Children ha accolto con favore l’impegno espresso nella decisione finale "Mutirão" a proteggere il sistema climatico per le generazioni presenti e future, sottolineando l’importanza deɜ giovani e dell’equità intergenerazionale. Alla COP30 abbiamo visto un riconoscimento crescente di bambinɜ e giovani e alcuni progressi nell’integrazione dei loro diritti. 

Tuttavia questi sviluppi non sono sufficienti senza progressi reali nell’aumento dei finanziamenti per l’adattamento e in una transizione equa, rapida e finanziata che porti all’abbandono dei combustibili fossili. I governi hanno inoltre perso un’ulteriore occasione per impegnarsi collettivamente a includere bambinɜ e giovani come considerazione primaria nei processi decisionali sul clima a tutti i livelli.

La crisi climatica non è un problema futuro. Le nuove generazioni ne subiscono già ora gli impatti in modo sproporzionato: ondate di calore costringono alla chiusura delle scuole, inondazioni e cicloni spazzano via le loro case, e la siccità costringe le ragazze ai matrimoni precoci. Questi impatti sono particolarmente gravi per chi vive situazioni di povertà, disuguaglianza e discriminazione.

Bambinɜ e giovani sono una responsabilità condivisa di tuttɜ; finché lɜ leader mondiali non lo rifletteranno nelle loro azioni, la lotta continua!

⁣Se è vero che a Belèm l'attivismo è tornato ad essere protagonista della COP, la partecipazione civica deɜ giovani, nelle piazze e nelle strade, negli spazi fisici e digitali è ancora più fondamentale. E ti invitiamo a essere parte di questa spinta.

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